Alla ricerca di un nuovo regime inflazionistico

18 dicembre 2023

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Il 2022 è stato segnato da sconvolgimenti a causa dell’inflazione e dei tassi di interesse delle banche centrali, mentre il 2023 è stato l’anno dello shock obbligazionario, con l’economia americana che ha però esibito un’inattesa tenuta. Dopo che la Federal Reserve (Fed) ha attuato la stretta più rapida degli ultimi quattro decenni, una recessione negli Stati Uniti sembrava inevitabile. La previsione del PIL statunitense per il 2023 si è attestata allo 0,3% a gennaio e probabilmente si concluderà al 2,3% per l’anno in corso. Nel complesso non abbiamo mai ceduto al pessimismo, anticipando una lieve contrazione della crescita ed una sua stabilizzazione all’1,2% nel 2024. I consumi in America sono rimasti stabili nel corso dell’intero anno grazie ai risparmi in eccesso, alla crescita dei salari superiore all’inflazione e ad un mercato del lavoro molto favorevole.

 

VERSO UN NUOVO EQUILIBRIO

Dopo la Grande crisi finanziaria del 2008, è iniziata un’era di bassa inflazione, di tassi di interesse contenuti o negativi e di una politica prevedibile da parte delle banche centrali che sembrava destinata a durare per sempre. Per citare l’economista tedesco Rüdiger Dornbusch: “In economia gli eventi richiedono più tempo di quanto si pensi e poi accadono più rapidamente di quanto si potesse immaginare”. In seguito al brusco adeguamento dopo la crisi del COVID-19, si è assistito ad un massiccio ritorno dell’inflazione. Le banche centrali non l’hanno vista arrivare, o non hanno voluto vederla, e sono corse disperatamente ai ripari. A livello globale, negli scorsi 24 mesi sono stati operati 520 rialzi dei tassi, una cifra sbalorditiva.

In mezzo a questo cambiamento, per il terzo anno consecutivo, a farne le spese è stato il mercato obbligazionario. I Treasury USA, in particolare quelli a lunga scadenza, si sono tramutati in attivi rischiosi con variazioni di prezzo improvvisamente simili alle azioni. Ad esempio, lo strumento finanziario TLT che replica i Treasury a 20 anni ha perso oltre la metà del suo valore dal 2020. Un titolo di Stato emesso nel 2020 dall’Austria, con scadenza a 100 anni ed una cedola dello 0,75%, ha perso fino al 70% nel 2023. 

Questi sviluppi rappresentano però ottime opportunità di investimento. Il reddito fisso offre ora rendimenti interessanti molto richiesti. Gli investitori si sono riversati in tale universo per sfruttare la situazione: nello stesso periodo, infatti, gli attivi del suddetto TLT sono raddoppiati. Tuttavia, la parte media della curva intorno ai 5 anni mantiene intatti i suoi pregi, ossia rendimenti interessanti ed una minore volatilità dei prezzi.
 

MILLE MILIARDI DI INTERESSI

Nel 2024 i riflettori saranno puntati sull’enorme debito pubblico. Al momento della redazione, gli Stati Uniti hanno un disavanzo di 34 mila miliardi di dollari, che costa 1.000 miliardi di dollari all’anno, pari al 14% del bilancio federale. Questa situazione non è chiaramente sostenibile, e i tassi di interesse troveranno presto un limite massimo, se non l’hanno già trovato. Accanto alla cosiddetta “Fed put”, ossia una forma di protezione per gli investitori azionari, potrebbe emergere un meccanismo analogo per le obbligazioni. Sia che assuma la forma di Quantitative Easing (QE), di controllo della curva dei rendimenti (YCC) come in Giappone, o di interventi di emergenza come quelli della Banca d’Inghilterra nel 2022, non è rilevante, poiché le banche centrali sono molto creative, soprattutto quando devono stabilizzare i mercati finanziari.

Il processo di disinflazione è in corso, ma non sarà lineare. Un ritorno ad un’inflazione contenuta è fuori discussione e non è accettabile. Al contrario, è auspicabile un giusto livello di inflazione. 

Questa è una scomoda verità che le banche centrali non ammetteranno mai ufficialmente. Secondo l’esperto in strategie di mercato Russell Nappier “una maggiore crescita nominale del PIL attraverso un’inflazione strutturalmente più sostenuta è un metodo comprovato per liberarsi dell’elevato indebitamento”. Per ridurre il rapporto debito/PIL, i governi dovranno trovare il modo di giungere ad una crescita nominale ed un’inflazione lievemente e costantemente superiori ai tassi di interesse. Dalla metà del 2020 la crescita nominale del PIL americano è aumentata del 40%.

Questo spiega anche perché le azioni dei mercati sviluppati, soprattutto negli Stati Uniti, hanno continuato a comportarsi bene; i margini restano stabili, le vendite delle società seguono l’inflazione e quindi salgono su base nominale, limitando gli effetti dei rincari. In sostanza, dobbiamo allontanarci dall’inflazione elevata, evitando la stagflazione e abbracciare la reflazione. 

Nel presente numero del Global Outlook, i nostri esperti approfondiranno questo argomento. Comprendere le implicazioni di un nuovo regime di inflazione (e crescita) porterà alla nascita di una nuova asset allocation strategica in cui, dopo anni di tassi di interessi a zero, sia le obbligazioni che le azioni troveranno un migliore equilibrio. 

Un’ultima parola sulla sfera ESG (ambientale, sociale e di governance). La transizione energetica non è mai stata tanto urgente; “è praticamente certo che il 2023 sarà l’anno più caldo mai registrato”. La finanza sostenibile è tuttavia sotto attacco, in quanto le performance di molte strategie hanno deluso. È in atto un’autentica “offensiva contro l’universo ESG”. Anche in questo caso, è opportuno non cedere al pessimismo. Il costo dell’inazione climatica sarà due volte superiore agli investimenti necessari per realizzare la transizione verso la neutralità carbonica entro il 2050. Nella sua versione attuale, l’opportunità di investimento è persino più interessante.

 

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Global Outlook, pubblicato il 04/12/2023 - Estratto dall'Editoriale del CIO Alexandre Drabowicz

18 dicembre 2023

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